Chiesa di San Peyre
A 2 km a valle di Cucchiales, appollaiata su uno sperone di roccia, ci si imbatte nella chiesa di San Peyre, riconosciuta monumento nazionale, quale opera pregevole di arte e di antichità.
Documenti storici parlano di insediamenti cristiani nei nostri luoghi più di mille anni fa e ciò è documentato da parte dell’abside centrale di questa chiesa, abside che fu allora la primitiva cappella a cui, qualche secolo dopo, furono aggiunte la navata centrale e quelle laterali.
Perché una chiesa in una posizione così isolata? Perché, in quella posizione, si trovava a uguale distanza da tutte le frazioni ed era su una roccia sprovvista di vegetazione quindi ben visibile dai frazionisti di Stroppo e dagli abitanti dei Comuni circostanti. Le testimonianze orali raccontano infatti che fu una delle prime chiese della Valle e che, dai paesi vicini, i fedeli di Marmora, Elva, Canosio, Celle, Albaretto venivano sui colli per partecipare mentalmente alla messa, al richiamo delle campane del piccolo campanile a vela che ne segnava i momenti principali. Accanto al campanile a vela, ne sorse poi un altro, alto venti metri perché le campane non potessero più essere rubate, come succedeva.
Alcuni secoli più tardi, fu costruita una chiesa più in basso e San Peyre continuò a funzionare, insieme a questa, per due messe mensili e per le sepolture. Aveva difatti, accanto, il suo cimitero dove venivano sepolti i morti di Cucchiales e di Morinesio e quelli di Caudano che ne avessero espresso volontà nel testamento. Tale cimitero fu funzionante fino a che Napoleone, con l’editto di Saint Cloud del 1804, vietò le sepolture nei luoghi frequentati. Da allora, tale cimitero cadde in disuso e ne rimangono solo i muri di cinta, di fianco alla cappella. Ma la scomodità del luogo e le lamentele dei parroci per raggiungerlo fecero si’ che anche le funzioni fossero soppresse, cosa che provocò non pochi disordini tra gli abitanti delle frazioni superiori, tanto che per calmarle, si dovettero mandare 50 granatieri della brigata Pinerolo, pena per i ribelli la condanna di fornire ai soldati ‘munizioni da bocca e da fucile’.
Ora la chiesa si apre solo più per la celebrazione della Messa della festività di San Pietro e per i visitatori che vogliono conoscere questa artistica e imponente testimonianza del passato. Sul portale troviamo la data ’1298’, periodo probabile in cui fu terminata la costruzione delle navate laterali. Entrando, si notano numerosi affreschi datati tra il quattordicesimo e i sedicesimo secolo. Nell’abside centrale si nota l’affresco di un Cristo benedicente con in mano un libro. Vicino c’è San Pietro, uno dei cinque raffiguranti il Santo che ci sono in questa chiesa a lui dedicata. Intorno a lui si vedono gli Apostoli e Giuda è rappresentato dall’albero a cui si sarebbe impiccato, oppure rappresentante il ‘lignum vitae’, primo segno dell’eucarestia nella simbologia cristiana. Molto interessante è l’abside di destra rappresentante una scena natalizia, abside che altro non fu che un semplice ed intelligente accorgimento tecnico per evitare il crollo della parete laterale dissestata dell’abside centrale. Così la chiesa può vantare una caratteristica tutta sua, di vera originalità. Gli affreschi, in tale abside, sono di tocco dolce e particolare, capace di comunicare il calore intimo che ben si addice al mistero della Natività. Particolare degno di nota è rappresentato dal pastore con piva, strumento musicale che si è prestato alla ricostruzione di uno strumento musicale reale e funzionante, tipico della tradizione occitana. Non mancano altri elementi che si riferiscono all’ambiente locale. Altri affreschi sono una Madonna in trono con i Santi, un S. Cristoforo e, nella navata destra, i Santi Sebastiano, Rocco e Fabiano Papa. Alcuni erano stati coperti da uno spesso strato di calce usata come disinfezione durante la terribile peste del 1630 e sono stati riportati alla luce o recuperati: una bella Annunciazione, una Maddalena, un San Cristoforo che regge il bambino, un agnello pasquale. Gli ultimi recuperi sono stati effettuati dal 1988 al 1990, sotto la direzione delle dottoresse Ragusa e Matera, eseguendo anche sondaggi qua e là sulle pareti laterali per accertare se vi fossero altri tesori d’arte nascosti dalla calce.
Faccio mie le ultime parole sull’opuscolo di G. Lonardelli ‘Chiesa di S. Pietro di Stroppo- Origini- Storia e Divagazioni’ da cui ho tratto parecchie informazioni: “...ma S. Pietro, nella sua solitudine ed abbandono, non è certamente solo; attorno a lui migliaia di defunti che lo avranno assiduamente frequentato da vivi, facendolo risuonare coi loro canti e con le loro preghiere, hanno trovato pace eterna. Nessuno li ricorda più, nemmeno una croce, e pensare che lo meriterebbero con un grazie per la bella opera d’arte che ci hanno lasciato e che oggi ancora possiamo ammirare.”
(cit. di Adriana Abello su “Stroppo raccontata dagli Stroppesi”)